Viste le recenti prese di posizione di alcuni membri della maggioranza, si precisa che questo articolo rientra nel cosiddetto diritto di cronaca e di critica politiche e che non vuole essere assolutamente offensivo nei confronti dei soggetti richiamati.
Con sentenza di primo grado n. 86 del 13 aprile 2018, pronunciata dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la regione Lombardia, giunge così a conclusione la vicenda che ha visto protagonisti il Sindaco – Gianfranco Biffi – gli assessori Cattaneo Franco, Mazzoleni Daniele, Isa Clivati, Posa Antonio ed il consigliere Fabio Villa per aver approvato l’acquisto di casa Clapis ad un prezzo superiore di €. 42.000,00 euro rispetto al valore stabilito dall’Agenzia delle Entrate (quantificato in €. 88.000,00).
Precisiamo che la sentenza è di primo grado e contro essa è ammesso appello alle Sezioni Giurisdizionali Centrali.
Al di là dell’esito finale della vicenda, che in linea teorica è ancora da scrivere essendo pendente la possibilità di ricorrere in appello, quello che oggi emerge inconfutabilmente è che siamo di fronte ad una pronuncia della Corte dei Conti, che, dopo aver attentamente analizzato i fatti, condanna gli amministratori a risarcire la comunità del danno prodotto.
Personalmente ci dispiace per le persone coinvolte, perché è comunque una situazione difficile quella in cui esse si ritrovano. Tuttavia, ci permettiamo di aggiungere che maggiori attenzione e rispetto delle regole, oltre che delle opinioni minoritarie, avrebbero potuto scongiurare il rischio che si realizzasse un fatto così spiacevole come una condanna, seppur di primo grado e non definitiva, da parte della Corte dei Conti.
In generale e in modo più ampio, questa vicenda è un monito per chiunque amministri - e lo voglia fare bene - a non dimenticare mai che non basta essere in tanti ad alzare la mano, perché quando si usano soldi pubblici le cautele e le attenzioni non sono mai abbastanza.
Per chi volesse approfondire la questione qui di seguito riportiamo il testo integrale della sentenza.
Sezione:
LOMBARDIA
Esito:
SENTENZA
Numero:
86
Anno:
2018
Materia:
RESPONSABILITA'
Data
pubblicazione: 13/04/2018
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE
LOMBARDIA
Composta dai
Magistrati:
Silvano Di
Salvo Presidente
Luisa
Motolese Consigliere
Eugenio Madeo
I Referendario relatore
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel
giudizio di responsabilità iscritto al n. G28884 del registro di segreteria ad istanza
della Procura regionale per la Lombardia contro:
-
Gianfranco Biffi, nata a Villa D’Adda (BG) il 29 luglio 1952 omissis ….;
-
Gianfranco Cattaneo, nato a Calusco D’Adda (BG) il 10 settembre 1948 omissis ……;
-
Daniele Mazzoleni, nato a Ponte San Pietro (BG) il 30 luglio 1987 omissis …..;
-
Antonio Posa, nato a Roma il 30 gennaio 1963 omissis …..;
-
Fabio Villa, nato a Bergamo il 29 luglio 1949 omissis …;
-
Isa Clivati, nata a Villa D’Adda (BG) il 26 marzo 1960 omissis ….;
tutti
rappresentati e difesi dall’Avv. Giuseppe Togni, con elezione di domicilio presso
il suo studio in Cavernago (BG), via Falcone e Borsellino, n. 8;
-
Rosamaria Guardascione, nata a Cagliari il 22 settembre 1961 omissis ……. rappresentata e difesa dall’Avv.
Enrico Mastropietro con
elezione di domicilio presso il suo studio in Bergamo, via F. Cucchi, n. 6.
VISTO
il D.Lgs. n. 26 agosto 2016, n. 174.
VISTO
l’atto introduttivo.
LETTI
gli atti e i documenti di causa.
UDITI,
nella pubblica udienza del 7 marzo 2018, il I Referendario relatore Eugenio
Madeo, il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
Luigi D’Angelo, e l’Avvocato Giuseppe Togni per i restanti convenuti, compresa
la convenuta Rosamaria Guardascione, come daspecifica delega dell’Avvocato
Enrico Mastropietro.
Ritenuto
in
FATTO
Con
atto di citazione depositato in data 15 settembre 2017, la Procura regionale
presso questa Sezione ha convenuto in giudizio gli odierni convenuti per ivi
sentirli condannare al pagamento, in parti uguali, in favore del Comune di
Villa D’Adda, del complessivo danno erariale, arrecato con condotte ritenute
gravemente colpose, pari ad euro 42.000,00 oltre rivalutazione, interessi e
spese di giudizio.
Dall’atto
di citazione emerge quanto segue: in data 18 agosto 2014 la Procura riceveva un
esposto a firma della Sig.ra Martina Arrigoni, in qualità di consigliere
comunale del comune di Villa D’Adda, con cui veniva descritto “… un danno
erariale patrimoniale arrecato al suddetto ente locale per effetto della
delibera del Consiglio Comunale n. 27 del 30 maggio 2014 … avente ad aggetto
“Acquisizione al patrimonio comunale di immobili di proprietà provata in Comune
di Villa D’Adda” - deliberato preceduto dalla deliberazione di Giunta Comunale
n. 73 del 23 maggio 2014 avente ad oggetto “Approvazione perizia estimativa su
immobili di proprietà privata in Comune di Villa D’Adda finalizzata
all’acquisizione degli stessi al patrimonio comunale” … e dalla perizia di
stima del tecnico comunale Geom. GUARDASCIONE DEL 19.05.2014 …” (all.ti nn. 1,
2, 3 e 4 del fascicolo della Procura).
In
particolare, precisa poi il Pubblico Ministero, che con tali atti “… l’amministrazione
comunale acquistava un immobile di proprietà privata al prezzo di euro 130.000,00
nonostante il valore di mercato dello stesso ammontasse ad euro 88.000,00 come
certificato da una successiva perizia di stima dell’Agenzia delle Entrate in
data 21.07.2016 … all’uopo richiesta … successivamente all’acquisizione della
notitia damni” (all.ti nn. 5 e 6 del fascicolo della Procura).
Ancora,
la Procura ha anche evidenziato che la compravendita in questione è stata
perfezionata in aperta violazione dell’art. 12, comma 1-ter del D.L. n. 98/2011
in base al quale “a decorrere dal 1° gennaio 2014 al fine di pervenire a
risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto di stabilità interno,
gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale effettuano operazioni
di acquisto di immobili solo ove ne siano comprovate documentalmente
l’indispensabilità e l’indilazionabilità attestate dal responsabile del
procedimento. La congruità del prezzo è attestata dall’Agenzia del demanio,
previo rimborso delle spese. Delle predette operazioni è data preventiva
notizia, con l’indicazione del soggetto alienante e del prezzo pattuito, nel
sito internet istituzionale dell’ente”. Al termine della richiamata attività
istruttoria la Procura erariale, ritenendo sussistenti tutti gli elementi
costitutivi della responsabilità amministrativa, notificava agli odierni
convenuti specifico invito a dedurre (all.ti da n. 8 a n. 15 del fascicolo
della Procura).
Sempre
la Procura riferisce poi che tutti gli odierni convenuti hanno presentato
deduzioni difensive sinteticamente riportate nell’atto di citazione (all. n. 16
del fascicolo della Procura).
Successivamente
solo i Sig.ri Gianfranco Cattaneo e Daniele Mazzoleni hanno chiesto altresì di
essere anche sentiti personalmente (all. ti n. 18 e 19 del fascicolo della
Procura).
Di
conseguenza, la Procura, tenuto anche conto degli elaborati tecnici prodotti
successivamente alle audizioni (all. n. 20 del fascicolo della Procura), ha
inteso richiedere nuovamente all’Agenzia del Demanio una valutazione del valore
dell’immobile in esame (all. n. 21 del fascicolo della Procura).
L’Agenzia
del Demanio con pec del 5 luglio 2017 “… trasmetteva, quindi, … un
aggiornamento della perizia di stima già elaborata confermando, anche alla luce
delle difese tecniche dei presunti responsabili …, il minor valore dell’immobile
di proprietà privata stimato in euro 88.000,00 in luogo di euro 130.000,00 …”
(all. n. 22 del fascicolo della Procura).
Tanto
precisato, non essendo le argomentazioni difensive risultate idonee a superare
l’addebito di responsabilità sulla base delle evidenze istruttorie, la Procura
ritiene esser stata raggiunta la piena prova della responsabilità amministrativa
in capo ai convenuti.
Successivamente,
il Requirente ha precisato, quindi, che “il danno erariale in contestazione …
deve essere addebitato ai consiglieri comunali e ai componenti della Giunta
Comunale che hanno deliberato l’acquisto dell’immobile di proprietà privata al
prezzo di euro 130.000,00 in
violazione dell’art. 12, comma 1-ter, D.L. n. 98/2011 – con responsabilità
erariale addebitabile altresì al tecnico comunale che nel redigere la perizia
di stima non ha tenuto conto dell’anzidetta normativa avente connotazione oltre
che finanziaria anche tecnica per la determinazione del prezzo di compravendita
…”.
Inoltre,
per la Procura la colpa grave si evincerebbe dal fatto che “… la normativa
nella specie violata risulta(va) di cristallina chiarezza sia quanto alla
esplicitazione delle ragioni di indifferibilità e indilazionabilità della
compravendita, sia quanto alla previa acquisizione di una relazione di
stima da parte dell’Agenzia del Demanio e finalizzata, all’evidenza, proprio a
scongiurare i rischi di acquisti immobiliari “dannosi” per l’erario …”.
Da
ultimo, il Requirente, dopo essersi soffermato in particolare sul profilo della
colpa grave in capo agli odierni convenuti con specifico riferimento
all’assoluta mancanza nel caso di specie dei requisiti di indilazionabilità,
indifferibilità ed urgenza per l’acquisto dell’immobile in esame, ha inteso
precisare con riferimento alla pretesa omessa considerazione da parte
dell’Agenzia del Demanio di “… un’area di pertinenza dell’immobile
compravenduto e destinata a posti auto in uso esclusivo alla proprietà
immobiliare …”, così come avanzata dai difensori in sede preprocessuale, che
l’Agenzia delle Entrate nella seconda relazione di stima ha inteso
inequivocabilmente sul punto evidenziare che la “… scheda catastale … non
riporta alcuna area pertinenziale, di esclusivo utilizzo ”.
In
data 30 gennaio 2018 ha depositato memoria di costituzione l’Avvocato Enrico
Mastropietro, nella qualità di difensore e procuratore speciale della Sig.ra
Rosa Maria Guardascione.
In
particolare, il difensore dopo aver brevemente ricostruito in fatto la vicenda in
esame, ha inteso evidenziare quale sia stato, nel caso di specie, l’effettivo operato
della convenuta nella stima dell’immobile in trattazione.
Infine,
sempre la difesa, ha precisato, con riferimento al mancato rispetto della
normativa più volte menzionata, che la “… Guardascione in data 4 giugno 2014
(data in cui si è firmata la determinazione n. 49/2014 …) NON RICOPRIVA LA
FUNZIONE DI RESPONSABILE DEL SERVIZIO TECNICO DEL COMUNE E PERTANTO NON È LA
FIRMATARIA DELLA DELIBERA”.
Di
conseguenza, il difensore ha chiesto di respingere tutte le domande proposte
nei confronti dell’odierna convenuta.
In
data 12 febbraio 2018 ha depositato memoria di costituzione l’Avvocato Giuseppe
Togni, nella qualità di difensore e procuratore speciale dei restanti odierni
convenuti.
Innanzitutto,
la difesa ha svolto nel merito diverse eccezioni alla relazione integrativa
dell’Agenzia delle Entrate. In particolare, è stata contestata la reale
consistenza ed estensione dell’immobile, così come definite nella perizia
dell’Amministrazione finanziaria e confermate dalla successiva integrazione
alla stessa. Ciò in quanto tale stima è stata effettuata sulla base della
situazione rappresentata dalla scheda catastale esistente alla data della stima
stessa, mentre “… il comune di Villa D’Adda ha invece definito la consistenza
del bene oggetto di compravendita sulla base del rilievo esecutivo depositato
dall’Arch. Gelmini 2012/15, il quale presenta, come accade spesso, delle
evidenti discrepanze rispetto a quanto risulta dalla scheda catastale”.
Inoltre,
sempre il difensore ha anche precisato che “… l’esistenza di discrepanze
significative tra quanto rilevato sui luoghi e quanto visibile dalle risultanze
catastali, è confermata anche dalla perizia redatta dall’Arch. Redaelli …”.
In
sintesi, quindi, sempre secondo i convenuti “tale relazione evidenzia e chiarisce
in maniera puntuale ed esaustiva che la perizia di stima dell’Agenzia delle
Entrate è carente e lacunosa ed eseguita “sulla carta” senza una rilevazione in
loco che tenga conto della reale consistenza dell’immobile”.
Da
ultimo, il difensore ha anche evidenziato che “l’area pertinenziale – che si ribadisce
non è stata considerata dall’agenzia nella sua perizia di stima – godeva di un
diritto di servitù a vantaggio dell’immobile comunale e con il suo acquisto il comune ha ottenuto un
concreto ed enorme beneficio, garantendo la piena proprietà dell’area
prospiciente la Torre del Borgo …”.
La
seconda contestazione degli odierni convenuti, sempre in ordine alla perizia di
stima dell’Agenzia del Demanio, riguarda, invece, il fatto che non è stato presa
in considerazione la circostanza che il bene acquistato risulta essere di
interesse storico, come provato documentatamente “… in primis dal decreto di
vincolo che indica in modo chiaro i mappali che, peraltro, furono oggetto di
acquisto da parte del Comune di Villa D’Adda”, ma anche “… dalla Relazione al
Progetto lotto 2 Torre del Borgo redatta dall’Arch. Gianluca Gelmini …” e “…
dalle numerose pubblicazioni, tra qui figura quella del prof. Bonaiti”.
Inoltre,
sempre su tale aspetto il difensore evidenzia poi che, anche a voler comprendere
le ragioni per le quali l’Agenzia del Demanio nella sua perizia non ha tenuto
conto della storicità del bene in trattazione (in quanto nell’atto di
compravendita veniva esplicitamente affermato che tale immobile “… non è soggetto
alla disciplina prevista per i c.d. beni culturali, in particolare, alla preventiva
verifica di interesse culturale …”), allora bisognerebbe di conseguenza
valutare che:
-
“la dicitura richiamata dall’agenzia non era presente nella relazione del tecnico
comunale che i convenuti hanno votato in consiglio comunale;
-
non era presente nel preliminare di compravendita”.
Ancora,
la terza contestazione, sempre in ordine alla perizia di stima, riguarda gli
immobili utilizzati dall’Agenzia delle Entrate come parametro di raffronto, atteso
che “… i comparables non sono omogenei al bene di riferimento, vista l’orografia
e morfologia del territorio comunale divisa in tre parti: a fiume – mezza costa
in piano/centro – collina”. Tale argomentazione si baserebbe su quanto in
proposito affermato dall’Arch. Redaelli nella propria perizia in cui afferma
chiaramente che “i comparables utilizzati dall’Agenzia delle Entrate, non
risultano omogenei ed utilizzabili per compararli con il bene in oggetto, infatti
sono posizionati, uno a Villa d’Adda in zona periferica al limite del confine
comunale, il secondo in posizione intermedia fuori dal centro paese, il terzo
in costa alta collinare”.
Infine,
la quarta ed ultima contestazione riguarda lo stato manutentivo dell’immobile
in oggetto. In particolare, ad avviso del difensore “i coefficienti applicati e
poi confermati dall’Agenzia non sono corretti …”, atteso che “… viene
considerata la caratteristica dello stato manutentivo con correzioni di prezzo
eccessive e smisurate rispetto alla situazione reale esistente”.
Tale
evidenza si ricaverebbe sia dal fatto che “l’immobile … è stato utilizzato quale
abitazione della famiglia Clapis fino all’anno 2009 e, pertanto, non può essere
considerato in stato fatiscente, e i parametri utilizzati dall’agenzia non sono
pertanto aderenti alla realtà dell’immobile”, sia dalla circostanza che “lo stato
di fatto dell’immobile prima degli interventi edilizi e prima dell’acquisto è certificato
peraltro dal documento di rilevo dello stato di fatto dell’anno 2012 redatto
dal progettista D.L. Arch. Gelmini ed inviato al Comune …”. Ulteriore,
finale considerazione viene fatta dai convenuti circa il fatto che “… incrociando
la misurazione della scheda catastale con il progetto depositato dall’arch.
Gelmini Lotto 2 Torre del Borgo 2015 e rilevando in loco l’impronta dell’immobile
oggetto di stima, la superficie rilevata della particella 714 comprese area a
confine graffate è pari a mq. 229,70 rispetto alla rilevazione grafica/catastale
indicata dell’agenzia delle Entrate di mq. 175”.
Per
quanto poi riguarda i requisiti di indilazionabilità ed indifferibilità dell’acquisto
viene precisato che “l’acquisizione era indispensabile sotto svariati profili,
funzionali, economici, storici, sociali”. In particolare, tale acquisto era
indispensabile “… per poter realizzare il progetto di ri-uso della Torre del
Borgo, in quanto, senza la proprietà Clapis, non si sarebbero potute superare
le barriere architettoniche che ostacolavano la piena fruizione della torre,
impedendo l’accesso ai piani alti ai portatori di Handicap”.
Ancora,
viene evidenziato che “… l’indilazionabilità ed indispensabilità derivava dalla
necessità inderogabile per l’amministrazione comunale di non perdere i
finanziamenti ottenuti a seguito della partecipazione ad un bando regionale. Se
il Comune avesse fermato i lavori e non li avesse conclusi la Regione Lombardia
avrebbe revocato il finanziamento ed in tal modo il Comune si sarebbe trovato
con un debito fuori bilancio”.
Sempre
sul punto viene anche sottolineato che “i responsabili Comunali …nella
redazione dei loro atti attestarono la indilazionabilità ed indispensabilità nel
pieno rispetto della norma vigente” e che “… l’acquisto dell’immobile ha determinato
un risparmio di spesa consistito nell’evitare di dover versare alla proprietà
Clapis un indennizzo per i danni subiti dall’occupazione abusiva”.
Infine,
con riguardo alla omessa richiesta dell’attestazione della congruità del prezzo
all’Agenzia delle Entrate viene sottolineato che il comportamento degli odierni
convenuti “… non è affatto connotato da carenza di prudenza, perizia e
diligenza per le seguenti ragioni:
1)
è stato dimostrato in fatto che il mancato acquisto dell’immobile oggetto di causa
avrebbe causato gravi danni economici all’Ente che non solo avrebbe perso un
finanziamento ma sarebbe stato costretto a risarcire la proprietà Clapis per
aver occupato, danneggiato e costituito una servitù per gli impianti su
proprietà non del comune;
2)
il valore del bene è stato quantificato da una perizia dell’ufficio tecnico comunale
al quale certamente gli amministratori si sono in perfetta buona fede affidati;
3)
l’indilazionabilità e l’indispensabilità del bene è pacifica sia nelle delibere
che nelle determine assunte dai responsabili degli uffici;
4)
nessun responsabile del Comune di Villa D’Adda ha fatto presente nelle procedure
e nelle delibere che era necessario richiedere il parere all’agenzia del
demanio”.
In
ogni caso, comunque, secondo la difesa dei convenuti “… l’omessa richiesta del
parere di congruità è … una omissione poco rilevante se si prova che il
pagamento eseguito è legittimo e congruo”.
In
definitiva, la difesa degli odierni convenuti chiede:
-
nel merito:
·
in via principale, di accertare che non sussiste alcun danno erariale verso il
comune di Villa D’Adda e pertanto respingere la domanda di condanna formulata
dalla Procura Regionale;
·
in via subordinata, dato atto ed accertato che nell’agire dei convenuti manca
il requisito della colpa grave, rigettare la domanda di condanna formulata
dalla Procura Regionale al risarcimento del danno erariale.
-
in via istruttoria:
·
di disporsi C.T.U. al fine di stabilire il reale valore del bene immobile compravenduto;
·
l’ammissione della prova per testi di determinati soggetti, così come individuati
nella memoria di costituzione, su specifici capitoli di prova, finalizzati a
provare l’assenza di responsabilità in capo agli amministratori odierni
convenuti.
Nell’udienza
ha preso inizialmente la parola il Pubblico Ministero, che ha sostanzialmente
fatto riferimento a quanto già evidenziato nel proprio atto di citazione,
rimettendosi alla valutazione del Collegio in ordine alla richiesta di C.T.U.
avanzata dalla difesa dei convenuti e opponendosi invece alla prova per testi,
risultando la stessa, a suo avviso, irrilevante per il caso di specie.
Successivamente,
ha preso la parola l’Avv. Togni – anche in qualità di delegato dall’Avv. Enrico
Mastropietro – per tutti i convenuti, ribadendo sostanzialmente le
argomentazioni già esposte nelle rispettive memorie. In particolare, il
predetto difensore ha affermato che numerosi sono gli errori commessi
dall’Agenzia del Demanio nella propria perizia valutativa dell’immobile di cui
si discute, e ha confermato, quindi, le conclusioni già rassegnate, insistendo
altresì sulla richiesta di una C.T.U..
Tutto
ciò premesso, la causa è stata assunta in decisione. Ritenuto in
DIRITTO
Preliminarmente,
il Collegio ritiene che le due richieste istruttorie (disporre una C.T.U. e
ammettere la prova per testi), entrambe avanzate dall’Avv. Togni, non possano
essere accolte. Ciò perché il materiale sin qui acquisito in fascicolo risulta
oggettivamente più che sufficiente per ricostruire, ai fini che qui rilevano, e
come più approfonditamente sarà in seguito precisato, sia il quadro generale,
sia la riferibilità causale della fattispecie dedotta in giudizio, ed arrivare
ad una documentata e definitiva valutazione della domanda del Procuratore
regionale in esame.
Nel
merito, il Collegio deve accertare la sussistenza degli elementi essenziali costitutivi
della responsabilità amministrativa dei convenuti, come disciplinati dalla
vigente normativa in materia.
A
tal proposito, il Collegio precisa che, nella fattispecie in esame, si verte in
tema di danno cosiddetto diretto, derivante dalla differenza fra il prezzo
sulla base del quale il Comune di Villa D’Adda ha acquistato un immobile (c.d. proprietà
Clapis) ed il valore invece stimato dal competente Ufficio dell’Agenzia delle
Entrate, valutazione quest’ultima a cui dovevano obbligatoriamente attenersi
gli odierni convenuti e che non è stata invece neppure richiesta, in aperta
violazione dell’art. 12, comma 1-ter del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; norma di
particolare rilevanza finanziaria, in quanto espressamente introdotta “al fine
di pervenire a risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto
di stabilità interno” (vedasi primo periodo del comma 1-ter cit.).
Sul
punto va precisato che tale danno differenziale (€ 130.000,00 prezzo pagato per
l’acquisto dell’immobile – € 88.000,00 valore stimato dall’Agenzia delle
Entrate = € 42.000,00) è stato imputato agli odierni convenuti nella loro veste
di componenti della Giunta e del Consiglio Comunale che votarono a favore, al
fine di procedere all’acquisto dell’immobile di cui si discute (cfr. delibera
del Consiglio Comunale n. 27 del 30 maggio 2014, all. n. 2 del fascicolo della
Procura), ad eccezione della convenuta Guardascione, convenuta, invece, nella
veste di Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale che ha materialmente
redatto la perizia di stima (cfr. all. n. 4 del fascicolo della Procura) su cui
è basata la delibera di acquisto del predetto immobile.
Tanto
precisato, il Collegio deve evidenziare che il rapporto di servizio esistente
all’epoca dei fatti contestati fra gli odierni convenuti ed il Comune di Vila
d’Adda non è in contestazione, dunque è pacificamente riconosciuto da tutte le
parti in causa.
Con
riferimento all’antigiuridicità delle condotte poste in essere dagli odierni convenuti
deve altresì rilevarsi che risulta incontestato fra le parti il fatto che effettivamente
si è proceduto all’acquisto dell’immobile in trattazione senza richiederne la
preventiva valutazione estimativa riferita alla congruità del prezzo, così come
imposto dal predetto art. 12, comma 1-ter, del D.L. n. 98/2011, che prevede
espressamente che “a decorrere dal 1° gennaio 2014 al fine di pervenire a
risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto di stabilità
interno, gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale
effettuano operazioni di acquisto di immobili solo ove ne siano comprovate
documentalmente l’indispensabilità e l’indilazionabilità attestate dal
responsabile del procedimento. La congruità del prezzo è attestata dall'Agenzia
del demanio, previo rimborso delle spese. Delle predette operazioni è data
preventiva notizia, con l'indicazione del soggetto alienante e del prezzo
pattuito, nel sito internet istituzionale dell’ente”.
Fatta
questa doverosa premessa, il Collegio ritiene opportuno soffermarsi anzitutto
sulla condotta contestata alla Geom. Guardascione, tenuto conto che la
posizione della stessa risulta differenziata rispetto a quella dei restanti convenuti.
Sul
punto va, infatti, preliminarmente precisato che, contrariamente a quanto affermato
dal Requirente, la Guardascione è sì stata l’autrice della perizia di valore
sull’immobile ex proprietà Clapis, del quale poi i componenti del Consiglio
Comunale, oggi convenuti, hanno deciso di procedere all’acquisto, ma non
risulta che la predetta convenuta fosse, all’epoca dei fatti in contestazione,
Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale di Villa d’Adda (cfr. quanto,
viceversa, affermato dalla Procura a pag. 9 dell’atto di citazione).
Invero,
tale circostanza emerge per tabulas non solo dalla delibera n. 73 del 23 maggio
2014 della Giunta del Comune di Villa d’Adda, in cui si afferma inequivocabilmente
che la Giunta provvede ad “approvare la perizia estimativa redatta dal geom.
Rosamaria Guardascione, Funzionario del Servizio Tecnico del Comune di Villa
d’Adda …”, incaricando nel contempo, previa individuazione di soggetto con
diverso ruolo, qualifica e funzione il “Responsabile del Servizio Tecnico degli
eventuali adempimenti conseguenti al presente atto” (all. n. 3 del fascicolo
della Procura), ma anche dallo stesso verbale di perizia immobiliare, firmato
dalla Guardascione nella qualità, appunto, di mero “Funzionario del Servizio
Tecnico del Comune di Villa d’Adda” (cfr. all. n. 4 del fascicolo della
Procura).
Sgombrato,
quindi, il campo da equivoci di fondo circa il ruolo, non apicale, della
convenuta all’interno dell’Ufficio Tecnico del Comune di Villa d’Adda, deve poi
precisarsi che la condotta contestata a quest’ultima si basa essenzialmente sul
fatto di non aver tenuto conto “… nel redigere la perizia di stima …
dell’anzidetta normativa avente connotazione oltre che finanziaria anche
tecnica per la determinazione del prezzo degli immobili e contemplante la
previa acquisizione di una attestazione dell’Agenzia del Demanio sulla congruità
del prezzo di compravendita …” (cfr. pag. 6 dell’atto di citazione).
In
proposito, il Collegio deve rilevare però che sfuggiva certamente alle competenze
della convenuta il fatto che – a prescindere dal disposto e discrezionale
interpello della stessa, quale tecnico dell’Ente, al fine di ottenerne una
(preliminare) relazione estimativa in ordine al valore dell’immobile in
questione – dovesse essere comunque acquisita, prima di procedere all’effettiva
conclusione dell’operazione di acquisto dell’immobile, l’attestazione di
congruità da parte dell’Agenzia del Demanio, quale prevista dalla surrichiamata
disposizione di legge.
In
sostanza, non risulta realizzata la condotta antigiuridica che la Procura attrice
imputa alla convenuta Guardascione, in quanto quest’ultima, nella sua qualità
di geometra del Comune di Villa d’Adda, è stata meramente incaricata di
effettuare una perizia estimativa dell’immobile, e ha conseguentemente espletato,
nell’esercizio delle proprie funzioni di natura tecnica, l’incarico affidatole,
né vengono qui in considerazione, né, comunque, risultano contestate alla
predetta, eventuali ulteriori responsabilità connesse alle valutazioni più
specificamente economiche contenute nella perizia stessa.
È
intuitiva, dunque, la circostanza che non rientrava tra le competenze e le mansioni
della predetta funzionaria far sì che la propria perizia non fosse utilizzata
quale unico elemento valutativo dal Consiglio Comunale di Villa d’Adda per
procedere all’acquisto della c.d. proprietà Clapis, in dispregio della disciplina
più volte sopra richiamata.
Pertanto,
nel caso di specie, non può essere contestato all’odierna convenuta il mancato
rispetto del già menzionato art. 12, comma 1-ter, del decreto legge n. 98/2011
nella redazione della propria perizia. Ciò perché l’osservanza delle norme
tecniche e finanziarie, di cui controverte il Requirente, è da reputarsi connessa
alla competenza e alla responsabilità degli organi dell’ente territoriale preposti
a decidere e ad effettuare l’operazione di acquisto di un immobile, e non può
certo essere posta a carico del tecnico comunale che redige, in quanto
separatamente incaricatone nel corso del procedimento, una perizia di stima
immobiliare sulla base delle proprie valutazioni e conoscenze tecniche.
In
sintesi, in via prodromica ed istruttoria, mentre ben potevano gli amministratori
del Comune di Villa d’Adda chiedere al proprio Ufficio Tecnico una valutazione
estimativa dell’immobile che si intendeva acquistare, di certo ciò non
escludeva, anzi non poteva e non doveva escludere – considerata anche la non
terzietà e la mera portata indicativa della stima formulata da tecnico
appartenente all’Ente – la necessaria e successiva richiesta, in tal senso, di formale
e cogente attestazione di congruità all’Agenzia del Demanio, né, comunque,
risulta comprovato dalla Procura attrice o emerge da alcun documento versato in
atti che la Guardascione fosse stata posta a conoscenza della circostanza che
la Giunta e il Consiglio comunale si sarebbero illegittimamente basati
esclusivamente sulla sua perizia per poi valutare ed acquistare l’immobile.
Infatti nel verbale di perizia sopra richiamato quest’ultima afferma, in
premessa, di aver avuto (semplicemente) l’incarico di “… stabilire, alla data
del 05.05.2014, il valore dell’immobile di proprietà degli eredi della defunta
Clapis …” (cfr. all. n. 4 del fascicolo della Procura).
Per tutto
quanto sopra esposto, la domanda del Requirente nei confronti della
Guardascione deve essere rigettata.
Di
conseguenza, vanno liquidati onorari e diritti nei riguardi della difesa di detta
convenuta, stante il proscioglimento nel merito.
A
tal proposito il Collegio, tenuto conto della natura e dell’oggetto della
causa, ritiene che dette competenze possano essere liquidate nell’importo complessivo
pari ad euro 1.000,00 (mille//00), di cui euro 500,00 (cinquecento//00) per
onorari ed euro 500,00 (cinquecento//00) per i diritti spettanti
al difensore. Al predetto importo complessivo deve anche aggiungersi il 12,50%
di spese generali, l’I.V.A. e la C.P.A..
Passando ora a valutare la posizione
dei restanti convenuti, deve precisarsi che – non essendo in contestazione
sostanzialmente né il rapporto di servizio, né la condotta antigiuridica (sul punto
si precisa, come sopra detto, che è pacifico fra le parti il mancato rispetto
di quanto previsto dall’art. 12, comma 1 ter del D.L. n. 98/2011 nel punto che
riguarda la mancata acquisizione dell’attestazione dell’Agenzia del Demanio
sulla congruità del prezzo di compravendita) – non si ritiene utile soffermarsi
anche sull’eventuale esistenza o meno dei requisiti di indispensabilità e di indilazionabilità
nell’acquisto dell’immobile in esame, in quanto la condotta antigiuridica e
dannosa imputabile ai predetti risulta, come meglio verrà appresso precisato,
già di per sé perfezionata anche a prescindere dalla sussistenza o meno di
tali, ulteriori presupposti, i quali, in ogni caso, risultano aggiuntivi e,
laddove in ipotesi sussistenti, non possono condurre ad elidere il nesso di
causalità (derivante sostanzialmente dagli effetti delle già menzionate
delibere comunali di Villa d’Adda con cui è stato deciso l’acquisto della
proprietà Clapis). Conseguentemente, sarà effettuata un’approfondita valutazione
circa i due restanti elementi costituenti la responsabilità amministrativa,
ovvero l’esistenza di un danno erariale e l’elemento soggettivo, nel caso di
specie, della colpa grave.
Tanto
rappresentato, va evidenziato che la difesa dei restanti convenuti si basa
essenzialmente sulla contestazione di specifiche considerazioni valutative
affrontate nella perizia di stima del competente Ufficio dell’Agenzia dell’Entrate,
che avrebbero indotto quest’ultimo ad una sottostima del reale valore
dell’immobile in questione. In particolare, va precisato al riguardo che il Requirente,
dopo aver richiesto in fase istruttoria la perizia di stima in argomento (cfr.
all. n. 5 del fascicolo della Procura), ha poi inteso, considerato il tenore
tecnico delle deduzioni difensive avanzate in fase preprocessuale dai convenuti,
reiterare la richiesta per un ulteriore approfondimento, a cui l’Agenzia delle
Entrate ha dato tempestivo seguito con puntuali integrazioni e chiarimenti
circa i punti contestati dagli odierni convenuti (cfr. all. n. 22 del fascicolo
della Procura).
Ora,
considerato che sostanzialmente i medesimi rilievi, nonostante la richiamata
relazione integrativa dell’Amministrazione finanziaria, sono stati reiterati
dagli odierni convenuti anche in fase processuale, il Collegio provvederà sulla
base di tutta la documentazione in atti ad un esame atomistico degli stessi.
Innanzitutto,
sulla reale consistenza ed estensione dell’immobile viene contestato il fatto
che “la descrizione dell’unità è stata effettuata sulla base della situazione
rappresentata dalla scheda catastale esistente alla data della stima” e che
pertanto vi sono “discrepanze significative tra quanto rilevato sui luoghi e
quanto visibile dalle risultanze catastali” (cfr. pag.ne 4 e 5 della memoria
difensiva in atti).
Sul
punto va rilevato che la valutazione dell’Agenzia delle Entrate è stata effettivamente
eseguita sulla base della sola scheda catastale esistente alla data della
stima, ma semplicemente perché era impossibile fare diversamente in quanto
“all’epoca delle attività estimali (maggio 2016) tale unità immobiliare era
stata demolita; pertanto alla data del sopralluogo non è stato possibile rilevare
sul posto la conformità o meno tra lo stato dei luoghi e la scheda catastale,
né sono stati forniti elementi utili in merito, anche se richiesti in sede di
sopralluogo, dall’ufficio tecnico comunale” (cfr. pag. 2 dell’integrazione alla
perizia dell’Agenzia delle Entrate, all. n. 22 del fascicolo della Procura).
Tale
dirimente circostanza di fatto non risulta solo da quanto affermato dall’Agenzia
delle Entrate, ma anche dagli stessi documenti offerti dalla difesa. In
particolare, nella relazione del Prof. Bonaiti si legge, tra le altre cose, che
“… il lotto secondo, di estrema importanza per una piena funzionalità e
destinazione d’uso dell’intera struttura, ancora da completarsi anche nella
dotazione di ascensore e impianti tecnici e per il quale si è reso necessario
l’acquisto e l’abbattimento dell’edificio ex Clapis, vedrà interessata la torre
minore …” (cfr. relazione Prof. Bonaiti doc. 9 allegato alla memoria della
difesa).
In
sintesi, l’invocato sopralluogo, teso a constatare l’effettivo stato dei
luoghi, pur eseguito, non è risultato specificamente utilizzabile a fini
estimativi, non certo per negligenza o per incompletezza procedurale
dell’Agenzia delle Entrate (anzi l’Agenzia ha inequivocamente precisato che “in
data 25/05/2016 è stato eseguito sopralluogo ma il fabbricato, nel frattempo
acquisito dal Comune, è stato demolito”, cfr. pag. 5 della perizia di stima,
all. n. 5 del fascicolo della Procura), ma in quanto, nel momento in cui
quest’ultima era stata attivata dalla Procura erariale (e non dal Comune di
Villa d’Adda come invece sarebbe dovuto avvenire), per rendere la stima di cui
si tratta, l’edificio era stato ormai abbattuto.
Ancora,
la difesa eccepisce che, nella perizia dell’Agenzia delle Entrate, non si è
considerata l’acquisizione contestuale all’acquisto dell’immobile anche di un’area
pertinenziale, la cui prova sarebbe data dal fatto che “… al contratto preliminare,
approvato dal Consiglio Comunale, la planimetria catastale riporta la
particella 714 che comprende anche l’area di pertinenza che risultava
catastalmente graffata” (cfr. pag. 6 della memoria difensiva).
Al
riguardo, risultano convincenti ed esaustive le argomentazioni offerte dall’Amministrazione
finanziaria; infatti quest’ultima afferma che “… l’unità immobiliare oggetto di
stima è identificata con il foglio 13 particella 714 sub. 701,
la cui scheda rappresenta … una porzione immobiliare a piano interrato, piano
terra e piano primo, scheda catastale che non riporta alcuna area pertinenziale,
di esclusivo utilizzo. Inoltre, pur avendo sulla mappa la particella 714 un
ingombro maggiore rispetto al fabbricato, risultando più proprietari della
particella 714 e mancando l’elaborato planimetrico che dimostri l’effettiva
distribuzione delle aree, non è possibile imputare l’area esterna come
esclusiva e pertinenziale al subalterno n. 701 in questione e quindi oggetto di
stima. Altresì nella perizia di stima del tecnico comunale non viene menzionata
tale porzione immobiliare; allo stesso modo è da evidenziare come nell’atto di
compravendita, con il quale il comune acquista l’immobile in questione, non è
fatta alcuna menzione circa l’esistenza di area pertinenziale o anche di quote
millesimali riferibili ad essa ed oggetto della transazione” (cfr. pag. 3
dell’integrazione alla perizia dell’Agenzia delle Entrate, all. n. 22 del
fascicolo della Procura).
In
particolare, tali ultime considerazioni sono assolutamente condivisibili, tenuto
conto non solo del fatto che non si comprende come sia stato possibile prendere
in considerazione tale pertinenza ai fini della decisione dell’acquisto, atteso
che l’unico atto estimativo sottoposto alla valutazione del Consiglio Comunale
per l’acquisto in parola è la perizia della Guardascione che nulla dice in
proposito, ma anche della circostanza che il vincolo pertinenziale, per avere
una sua riconoscibilità ed efficacia giuridica sotto i molteplici, relativi aspetti
contrattuali, deve necessariamente risultare dall’atto di cessione.
Ad
esempio, la stessa Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 12/E del 1°marzo
2007 ha chiarito che alle pertinenze si applica la disciplina dettata per la
tipologia del fabbricato principale, purché nell’atto di cessione si dia evidenza
del c.d. vincolo pertinenziale, che rende il bene servente una proiezione del
bene principale.
Dunque,
è di tutta evidenza che non è sicuramente sufficiente affermare che nella
planimetria catastale allegata al contratto preliminare l’area di pertinenza risultava
catastalmente graffata, risultando invece necessario dare esplicito atto
dell’esistenza del vincolo pertinenziale, qualora effettivamente sussistente.
Circa
invece l’eccezione concernente il valore “storico” di almeno di una parte del
bene immobile oggetto di compravendita; elemento questo non considerato, ad
avviso del difensore, nella perizia di stima dell’Agenzia delle Entrate, deve
invece rilevarsi che proprio il documento offerto a comprova sul punto da
questi, risulta, invece, di segno opposto. Infatti, deve rilevarsi che nel
provvedimento della Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici
della Lombardia, avente ad oggetto appunto la verifica dell’interesse culturale
dei beni immobili ai sensi del D.Lgs. 42/2004 della particella 714/subalterno
701 (ovvero l’immobile di cui si discute), viene chiaramente affermato che “…
questo Ufficio dichiara che l’immobile in oggetto è escluso dalle disposizioni
di tutela di cui alla Parte Seconda del Codice” e che si auspica solamente “…
che le norme urbanistiche siano volte alla conservazione delle parti di origine
storica (il riferimento è alle mura perimetrali di elevato spessore in pietra)
e a favorire interventi compatibili con il contesto, nel rispetto dell’art. 25
della NTA del vigente Piano Paesaggistico Regionale” (cfr. doc. 6 del fascicolo
della difesa).
Da
ultimo, relativamente, invece, all’eccezione difensiva circa la non omogeneità
degli immobili utilizzati dall’Agenzia delle Entrate per operare il raffronto
estimativo, deve evidenziarsi che in realtà quelli che sono stati scelti dall’Agenzia
delle Entrate a titolo di comparables sono stati tutti sottoposti a test di
ammissibilità, dopo aver allineato cronologicamente e convincentemente i prezzi
(cfr. pag. 10 della perizia estimativa dell’Agenzia delle Entrate, all. n. 5
del fascicolo della Procura).
Inoltre,
al fine di meglio contestualizzare tale ultima considerazione si tenga comunque
conto del fatto che il Comune di Villa d’Adda ha meno di cinquemila abitanti,
con una superfice pari a poco meno di sei chilometri quadrati, sicché l’operato
dell’Agenzia delle Entrate deve reputarsi del tutto ragionevole e congruamente
motivato in relazione al contesto edificatorio di pertinenza.
Infine,
con riferimento allo stato manutentivo dell’immobile, risulta dirimente la seguente
affermazione dell’Arch. Radaelli nella propria relazione del 1° febbraio 2018,
ovvero che “in merito allo stato d’uso dell’immobile, prima della vendita
risultava abitabile ed arredato, in stato d’uso normale … Prima di sottoscrivere
l’impegno d’acquisto iniziale vincolante e il Rogito, da parte dell’acquirente/Comune,
lo stesso comune ha iniziato un’attività di cantiere all’edificio adiacente,
lavori non differibili per fornire i collegamenti e gli impianti alla Torre già
del Comune, che hanno ammalorato l’immobile (casa Clapis) con infiltrazioni
d’acqua ed una serie di danni diretti e indiretti, da cui le foto successive
utilizzate dall’Agenzia delle Entrate, con l’immobile ammalorato” (cfr. pag. 2
relazione Arch. Radaelli, doc. 3 del fascicolo della difesa).
Dunque,
bene ha fatto l’Agenzia delle Entrate a prendere come riferimento le foto
riguardanti l’immobile ammalorato, in quanto risulta per tabulas che tale condizione
non solo è dovuta ad interventi dello stesso Comune nell’edificio adiacente, ma
addirittura gli stessi sono di epoca antecedente all’impegno iniziale di
acquisto.
Conforto
a tale evidenza, fornita dalla stessa difesa, viene resa dalla convenuta
Guardascione che, nella sua perizia estimativa, ha affermato chiaramente che
“l’immobile, costituito da due piani ed una piccola cantina è di datazione
incerta e si presenta in cattivo stato di conservazione con intonaci, copertura
ed impianti completamente ammalorati ed evidenti efflorescenze di muffe ed
umidità” (cfr. pag. 2 della perizia del Geom. Guardascione, all. n. 4 del
fascicolo della Procura).
Di
conseguenza, sulla base di tutte le argomentazioni sopra riportate, il Collegio
rileva che può certamente essere utilizzata la dettagliata perizia estimativa
dell’Agenzia delle Entrate come parametro differenziale al fine di quantificare
il danno erariale nel caso di specie, che può quindi considerarsi attuale e
concreto nella misura, così come indicata dalla stessa Procura, pari ad euro
42.000,00 (€ 130.000,00 prezzo pagato per l’acquisto dell’immobile - €
88.000,00 valore stimato dall’Agenzia delle Entrate).
Occorre
ora valutare se le condotte finora descritte siano frutto di comportamenti
gravemente colposi o meno, che hanno prodotto il danno all’erario comunale,
così come sopra quantificato.
In
proposito, si ritiene che il comportamento tenuto da tutti i convenuti nell’odierno
giudizio (ad eccezione del Geom. Guardascione) sia particolarmente inescusabile
e connotato da colpa grave, alla luce dell’inequivoca normativa di riferimento
in materia.
Ciò
innanzitutto perché nonostante l’atteggiamento del legislatore normativamente
mutato nel tempo in subiecta materia, valorizzato dal difensore dei convenuti
(cfr. pag. 20 della memoria difensiva in atti), questi sono stati in grado di
cogliere, con tempismo procedurale, il contenuto “espansivo” della novella
all’epoca introdotta, tanto da deliberare l’acquisto dell’immobile in
trattazione nel maggio 2014 (la deliberazione di Giunta Comunale è del 23
maggio 2014 e quella del Consiglio comunale in questione è del 30 maggio 2014)
a distanza di pochi mesi dalla data della sua entrata in vigore, cioè 1°
gennaio 2014 (si precisa che l’art. 12, comma 1-ter del D.L. n. 98/2011 ha
abrogato con decorrenza appunto dal 1° maggio 2014 il precedente divieto
normativo che impediva agli enti locali di acquistare proprietà immobiliari).
Si
aggiunga poi che la conoscenza della norma in questione è ricavabile implicitamente
anche dal fatto che nonostante era da tempo intenzione del Comune procedere
all’acquisto della c.d. proprietà Clapis, ovvero dal 2009, atteso che in
quell’anno il Comune di Villa d’Adda aveva già dato incarico ad un tecnico per
stimare il valore dell’immobile (elemento incontestato fra le parti, cfr. in
particolare pag. 18 della memoria della difesa), l’acquisto si perfezionò solo
a distanza di pochi mesi dall’introduzione della novella normativa in
discussione.
Ancora,
non è argomentazione che risulta plausibile quella della buona fede ed affidamento
dei componenti della Giunta e dei consiglieri comunali convenuti esclusivamente
nella perizia (resa fra l’altro su esplicito incarico della Giunta Comunale)
dell’Ufficio Tecnico del Comune di Villa d’Adda. Ciò non solo perché, in
particolare, il Consiglio Comunale non ha votato compatto in tal senso, anzi su
un totale di otto componenti ben tre hanno esplicitamente espresso voto
contrario (cfr. Delibera del Consiglio Comunale n. 27 del 30 maggio 2014, all.
n. 2 del fascicolo della Procura), ma anche in considerazione del fatto che
nella richiamata delibera è possibile leggere, tra le altre cose, che “il
consigliere Locatelli esprime perplessità sulla volontà di procedere alla
demolizione dell’immobile”.
Dunque,
tra l’altro, risulta plasticamente che la finalità dell’acquisto della c.d. proprietà
Clapis già in sede deliberante da parte del Consiglio Comunale e, prima ancora,
da parte della Giunta, era quella della demolizione dello stesso immobile, come
in concreto poi verificatosi.
Evidenza
questa che doveva certamente indurre, come nel consigliere Locatelli, ad una
maggiore ponderazione e riflessione sulla procedura da seguire, visto che, in
sostanza, l’Ente procedeva ad acquistare un immobile al solo fine di demolirlo,
per dare così piena e completa realizzazione alla progettualità definita lotto
secondo, facente parte della complessiva progettualità di riuso della Torre del
Borgo (cfr. pag. 2 della relazione del Prof. Bonaiti, doc. 9 del fascicolo
della difesa).
Ne
è ipotizzabile immaginare che l’inderogabile necessità “per l’amministrazione
comunale di non perdere i finanziamenti ottenuti a seguito della partecipazione
ad un bando regionale” (cfr. pag. 17 della memoria difensiva) possa assurgere a
scriminante della responsabilità degli odierni convenuti. Infatti, non può
certo porsi rimedio ad un ipotetico danno erariale (ovvero l’insorgenza di un
debito fuori bilancio, così come paventato dal difensore, qualora la Regione
Lombardia avesse revocato il finanziamento, al Comune), provocandone un altro,
come nel caso di specie. E, comunque, non è dato comprendere (né, al riguardo,
è stato comunque versato in atti alcun utile elemento di prova) perché mai
richiedere la perizia di stima all’Agenzia delle Entrate, così come imposto
dalla legge, debba essere considerata una condotta alternativa rispetto al
corretto svolgimento delle progettualità nel rispetto delle tempistiche del
bando regionale a cui il Comune di Villa d’Adda aveva partecipato per poter
attingere al finanziamento delle opere da realizzare.
Inoltre,
deve altresì evidenziarsi che nei confronti degli odierni suindicati convenuti
non può considerarsi applicabile l’invocato istituto dell’esimente c.d. politica
di cui al comma 1-ter dell’art. 1 della legge n. 20/94, in quanto, come precisato
più volte da diffusa giurisprudenza di questa Corte, gli atti contestati rappresentano
effettivamente l’esercizio di una competenza propria degli organi politici
evocati in giudizio e non certo degli organi c.d. tecnici (cfr. su tutte Sez.
Lombardia n. 177/2013).
Infine,
in ordine alla percentuale di imputazione ai singoli, predetti convenuti del
danno così come sopra quantificato (trattandosi di responsabilità per colpa
grave, dunque di natura parziaria), deve rilevarsi che, in virtù di un contributo
causale sostanzialmente paritario, a ciascuno, nella sua veste di componente di
organi deliberativi (Giunta e Consiglio Comunale) deve essere ascritta, in
considerazione delle circostanze in concreto emerse, la quota pari ad euro
7.000,00 (settemila//00) avendo ognuno di loro, come più volte precisato,
votato a favore, nelle rispettive sedute, per l’acquisto dell’immobile della
c.d. proprietà Clapis.
A
tal proposito, risulta, dunque, irrilevante la circostanza che il convenuto Mazzoleni,
contrariamente a quanto affermato dalla Procura attrice, in realtà era assente
alla deliberazione di Giunta n. 73/2014, avendo il predetto comunque preso
parte alla successiva deliberazione del Consiglio comunale n. 27/2014, già
innanzi richiamata.
In
sintesi, dunque, il danno, arrecato al Comune di Villa d’Adda, pari a complessivi
euro 42.000,00 deve essere addebitato nella misura di euro 7.000,00 ciascuno ai
convenuti Gianfranco Biffi, Antonio Posa, Fabio Villa, Gianfranco Cattaneo,
Daniele Mazzoleni ed Isa Clivati.
La
condanna alle spese segue la soccombenza.
P. Q. M.
La
Corte, definitivamente pronunciando, respinta e disattesa, rebus sic stantibus,
ogni altra e diversa istanza, richiesta, eccezione e deduzione:
-
rigetta la domanda proposta nei confronti di Rosamaria Guardascione, ponendo a
carico del Comune di Vila D’Adda, ai fini del rimborso previsto dall’art. 3,
comma 2-bis del D.L. n. 543 del 23 ottobre 1996, conv. con legge n. 639 del 20
dicembre 1996, le somme che detta Amministrazione è tenuta a pagare per onorari
e diritti di difesa, così come liquidate in motivazione;
-
condanna in favore del Comune di Villa D’Adda:
·
Gianfranco Biffi al pagamento di euro 7.000,00 (settemila//00);
·
Antonio Posa al pagamento di euro 7.000,00 (settemila//00);
·
Fabio Villa al pagamento di euro 7.000,00 (settemila//00);
·
Gianfranco Cattaneo al pagamento di euro 7.000,00 (settemila//00);
·
Daniele Mazzoleni al pagamento di euro 7.000,00 (settemila//00);
·
Isa Clivati al pagamento di euro 7.000,00 (settemila//00).
I
predetti importi sono comprensivi di rivalutazione monetaria, mentre alle quote
di condanna vanno aggiunti gli interessi legali, calcolati a decorrere dalla
data di deposito della sentenza e sino al saldo effettivo.
Le
spese di giudizio seguono, nella medesima proporzione, la soccombenza e sono
liquidate in euro 1.604,95 (milleseicentoquattro/95). Così deciso in Milano,
nella camera di consiglio del 7 marzo 2018.
IL GIUDICE ESTENSORE IL
PRESIDENTE
(Eugenio
Madeo) (Silvano Di Salvo)
Depositata
in Segreteria il 13/04/2018