Antonello Cherchi29 giugno 2015 - Il sole 24 ore .
Se Roma non ride, molti Comuni se la passano anche peggio. Sono,infatti, centinaia i municipi che ogni anno devono dire addio alle giunte e consigli perché costretti a una fine prematura delle legislature. Venti di polemiche similia a quelli che sferzano il Campidoglio quest’anno hanno già colpito 74 amministrazioni, 69 sciolte in via ordinaria e 5 per infiltrazioni mafiose.
Se si prendono in considerazione gli ultimi 26 anni - a partire dal 1990 quando vennero introdotte le norme che permettono di mandare a casa amministratori inefficienti o peggio ancora in odor di mafia; norme ora confluite nel testo unico degli enti locali, il decreto legislativo 267/2000 - si registra una media di 175 enti all’anno commissariati, uno ogni due giorni.
Il numero di gran lunga più elevato riguarda i Comuni sciolti in via ordinaria. Si tratta di oltre 4mila municipi che, a partire dal 1990, hanno interrotto l’attività per vari motivi, così come prevede l’articolo 141 del testo unico degli enti locali (Tuoel). Si va dalle dimissioni dei consiglieri - situazione che si è verificata 2.400 volte; quest’anno a inizio giugno erano 34 gli enti in tali condizioni - alle dimissioni del sindaco, circostanza che in 26 anni si è ripetuta 666 volte (15 nell’ultimo semestre).
Questo per limitarsi ai motivi di scioglimento più ricorrenti, ai quali bisogna aggiungere le violazioni di legge da parte degli amministratori, i gravi motivi di ordine pubblico, la mancata presentazione o approvazione del bilancio, il voto di sfiducia nei confronti del primo cittadino o impedimento vari che lo colpiscono (decadenza o decesso), la rimozione di giunta e consiglio.
Il picco degli scioglimenti per tali motivi si è verificato negli anni 1993 e ’94 - il perido di Mani pulite - quando si arrivò agli oltre 300 casi (quasi 400 nel ’93) di amministrazioni mandate a casa prima del tempo.
A riprova che in quel periodo la mala-politica era finita sul banco degli imputati, c’è il fatto che il 1993 è stato anche l’anno record dei Comuni sciolti per mafia o comunque per infiltrazioni della criminalità organizzata (situazione disciplinata dall’articolo 143 del Tuoel): furono 34, di cui 18 in Campania e 9 in Puglia. Per ritrovare la doppia cifra si deve andare a ritroso - nel 1991 e ’92 i municipi sciolti per mafia furono 21 - o risalire ai giorni nostri: nel 2012, dopo anni in cui gli scioglimenti spesso neanche raggiungevano la decina, si è arrivati al commissariamento di 24 enti. In questo lungo itinerario del malaffare, Casal di Principe - il municipio in provincia di Caserta, terra di Francesco Schiavone detto Sandokan, boss dei casalesi - ha il poco invidiabile primato di presenza: era stato sciolto una prima volta nel 1991 ed era nella lista nera anche nel 2012. Nel mezzo, diversi altri episodi di scioglimento.
Cosa accade quando un Comune o una Provincia (la normativa riguarda anche questi enti) vengono messi in mora? Il decreto del Presidente della Repubblica con cui viene disposto lo scioglimento - procedura che inizia con un atto del prefetto e, nel caso delle infiltrazioni mafiose, prevede un percorso più complesso che chiama in causa una commissione nominata dal ministro dell’Interno per verificare la gravità della situazione e il Consiglio dei ministri che deve deliberare - nomina contestualmente un commissario straordinario. Fa eccezione il caso di scioglimento per impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco, circostanze in cui il potere passa al vicesindaco e non viene designato alcun commissario.
Quando l’ente viene sciolto per mafia, si nomina una commissione straordinaria di tre componenti scelti tra funzionari statali e magistrati in pensione, a cui sono demandati i poteri del sindaco, della giunta e del consiglio. La commissione straordinaria resta in carica da 12 a 18 mesi, prorogabili fino a due anni.
L’obiettivo è sempre quello di rimettere in sesto la situazione e permettere al Comune commissariato di scegliersi nuovi amministratori. Per gli enti sciolti in via ordinaria si tratta di un passaggio veloce: devono andare al voto alla prima tornata elettorale utile. Per quelli sottoposti al ricatto dei boss, il ritorno alla normalità è, invece, più lungo e talvolta può durare anni.
Speriamo !! Di questo schifo di amministratori non se ne può proprio più. A proposito avete visto come sono conciati i pini sul viale del cimitero. Sono il segno della decadenza del nuovo vicesindaco.
RispondiEliminaCredo che non mancherà molto a Villa d'adda.
EliminaIl sindaco sta facendo l'equilibrista sulla corda tesa, in attes che Posa gli dia un bel taglio.
E zac,tutti a casa!
Se quel signore avesse avuto le cosidette "palle" come diceva di avere, dopo il ben servito ricevuto da tutti i suoi compagni di merenda, li avrebbe dovuti mandare immediatamente a casa, invece è ancora lì a fare che cosa? Aah forse per le indennità?
RispondiEliminaeeh cari miei è dura lasciare il cadegrino anche se non servi a niente, anzi non servono a niente li dentro, solo spreco di soldi senza nessuna programmazione e intanto il paese è sporco con marciapiedi pieni d'erba, piante da potare erbacce nei sentieri, tutto ormai allo sbando, come ti rimpiangiamo Carissimi!!!!!!!! Mai più con questi individui.....
RispondiEliminaBasterebbe togliergli le indennità per vedere quanti rimangono a fare quello che non sanno fare, che squallore, ma quando mettono a norma gli uffici sotto quell"'open space" del famoso inventore (ora politicamente afflosciato) fa caldo da svenire. Ma il sindaco scende in quegli uffici o sta al fresco su in alto, lo sa che è il responsabile sulla sicurezza e la salute dei dipendenti, cosa aspetta che qualcuno compreso qualche cittadino che frequenta gli uffici si sentano male per beccarsi una denuncia? Mai visto tanta sciatteria.
RispondiElimina