Cutting, 9 su 10 sono ragazze
Nel 57% dei casi utilizzano la lametta
Da l'Eco di Bergamo.
Si vergognano da morire ma continuano a farlo. Sono tanti gli adolescenti «cutters» che si tagliano per poi nascondere le ferite sotto una felpa, una maglietta troppo lunga o un pantalone.
Quelli che riescono a parlarne sono solo la punta di un iceberg. Lo afferma l’Istituto di Ortofonologia (IdO), che nei suoi sportelli di ascolto psicologico in oltre 70 scuole di Roma e Provincia ha accolto la richiesta di aiuto di 32 adolescenti. Il 70% sono ragazzine dai 12 ai 14 anni, che nella maggioranza dei casi scelgono di ferirsi le braccia con la lametta. Il 19%, uno su cinque, riesce a smettere di tagliarsi, ma solo grazie al supporto degli psicoterapeuti esperti degli sportelli.
Alla base di tutto c’è tanta solitudine e depressione: «Attaccano il corpo, si feriscono, si strappano i capelli, si grattano e si introducono oggetti sotto le unghie- afferma Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’IdO-. Braccia, gambe, addome diventano il ricettacolo delle loro preoccupazioni e delle loro sofferenza. Si sentono soli e la loro depressione si trasforma in rabbia».
«E’ un fenomeno sommerso quello dell’autolesionismo- spiega Laura Sartori, psicoterapeuta dell’età evolutiva dell’IdO -. Passare da 6 a 32 casi negli ultimi due anni rappresenta un incremento davvero significativo. Un dato che ci mostra una condizione che si sta diffondendo enormemente. Chi si taglia e va allo sportello spesso ha amici che si feriscono a loro volta e non lo dicono a nessuno».
Il 90% dei soggetti che praticano il cutting è di sesso femminile: ragazze tra i 12 e i 18 anni con una concentrazione del 70% tra i 12 e i 14 anni. Sono gracili, esili, depresse e chiuse nella loro solitudine. Nove su dieci si tagliano, raramente si fanno auto-tatuaggi (il 6%) o si mordono (il 4%). Nel 57% dei casi lo strumento più utilizzato per provocarsi lesioni è la lametta, seguita dalle forbici (21%), il taglierino (11%), la lama del temperino (7%) e il coltello (4%). La parte più ferita del corpo sono le braccia (53%). Ai polsi punta il 21%, ma si fanno male anche alle gambe (il 17%) e alla pancia (il 9%). Nel 65% dei casi le ferite sono inflitte su una singola parte del corpo.
Secondo l’indagine dell’IdO, il 17% dei giovani che si taglia lo fa per emulare un amico o perché ha conosciuto il fenomeno tramite il web, i social network e i blog. «Quando si inizia per imitazione - sottolinea Sartori - la durata e la gravità del fenomeno è comunque più ridotta». Quelli che si tagliano preferisco la sensazione alla relazione. In rarissimi casi parlano con mamma o papà, perlopiù si confrontano con i coetanei: il 58% dei cutters che si è rivolto agli sportelli d’ascolto dell’IdO si è confidato con un’amica/o; il 10% lo aveva detto o scritto a un insegnante; solo l’11% è riuscito a parlarne in famiglia, dopo essere stato scoperto dai genitori, e ha avuto modo di vedere uno specialista (psicologo o medico).
Ci si può tagliare una sola volta, per provare, oppure assiduamente. «Il 73% dei giovani ascoltati dagli esperti dell’IdO ha affermato che lo fa da mesi, il 20% addirittura da anni (a volte con dei periodi di pausa). Solo il 7% lo ha fatto una singola volta - raccontano Fabiana Gerli e Silvia Cascino, psicoterapeute dell’equipe dell’Ido nelle scuole -. Nella maggior parte dei casi non c’è una frequenza precisa con cui si provocano lesioni, dipende dalle situazioni. Se accade qualcosa che provoca in loro un dolore, un’ansia o una tensione difficili da gestire ricorrono al tagliarsi perché dicono che «E’ come se tutto il dolore che avevo dentro poteva uscire da quella ferita e liberarmi per un po’»
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